La crisi, così si affermava un po’ dovunque e particolarmente nel nostro Paese, era ormai alle nostre spalle. I segnali della ripresa sembravano inequivocabili e, quindi, il futuro appariva di un rosa sempre più carico. Questo almeno traspariva dalle pur caute dichiarazioni di economisti, esperti e uomini politici e questo ci inducevano a credere i massmedia, non si sa quanto poco informati o palesemente interessati. Illusione. La crisi della Grecia con tutte le sue ripercussioni sull’euro, nonché la manovra finanziaria “correttiva” posta in essere dall’Italia hanno avuto, invece, il significato di un brusco risveglio. La realtà ci dice, infatti che il travaglio delle famiglie per una vita sempre più grama e sofferta, che assume in svariati casi le connotazioni di una tragedia, è destinato a continuare se non ad acuirsi perché esauriti gli ultimi risparmi, venduto tutto il vendibile, impegnati stipendi e pensioni in cessioni e prestiti, poco o nulla resta da spendere a milioni di persone ormai precipitate sotto la soglia di povertà. I conti, del resto, sono presto fatti. Le famiglie, infatti, oltre alla sensibile diminuzione del potere d’acquisto dovuto alla mancata rivalutazione di retribuzioni e pensioni, sono letteralmente sommerse dalle cosiddette spese fisse alle quali non è possibile sfuggire. Si tratta di affitti, mutui, utenze domestiche, servizi bancari, assicurazioni, scuola, telecomunicazioni, sanità e quant’altro. Sia ben chiaro che tali spese ci sono sempre state solo che oggi si sono quasi moltiplicate rispetto al passato. Nel 1970 incidevano sul reddito nella misura del 18,9 per cento, nel 2009 l’incidenza è passata ad oltre il 30 per cento. Né potrebbe essere diversamente perché i fattori che hanno prodotto un simile squilibrio sono molteplici e agevolmente individuabili. Al primo posto vi è certamente la casa che tra affitto o mutuo più le spese correnti dovute alle bollette di luce, gas, acqua, nettezza urbana, condominio, tasse varie statali, regionali e comunali, assorbe l’equivalente di un intero reddito da lavoro. E per chi non ha una seconda fonte di guadagno dovuta ad un familiare o ad un secondo lavoro magari in nero non c’è scampo alcuno: le difficoltà diventano insormontabili Va poi evidenziato che il problema della casa così come si avverte in modo esasperato in Italia non trova riscontro alcuno in Europa. Infatti mentre nel nostro Paese le quote di reddito destinate alla casa vanno dal 25 al 100 per cento nel resto del continente si attestano in media appena sul 5 per cento. Una vera e propria anomalia tutta italiana questa dal momento che tale media è riscontrabile in Paesi come Francia, Germania, Inghilterra e particolarmente Spagna dove pure si registra un andamento economico generale assai simile a quello del nostro Paese. Le famiglie, per far fronte alle molteplici ed indifferibili spese per la casa sono costrette ad una serie di rinunce (vacanze, ristoranti, gite fuori porta, acquisti voluttuari, ecc.) ed a non poche insolvenze (rate per mutuo, automobile, elettrodomestici, mobili, ecc.) e, quel che è più grave a servizi sanitari importanti tant’è che, per esempio, per le spese odontoiatriche solo il 39,7 per cento degli italiani è riuscito a non farne a meno. Ma quel che è peggio è che, visto il malfunzionamento e i tempi lunghissimi del Servizio sanitario nazionale, non sono pochi coloro che per un intervento particolarmente difficile o urgente o per un ricovero per i loro cari si rivolgono a strutture sanitarie private facendo ricorso, per coprire le alte spese necessarie, al mondo perverso dell’usura con tutto quello che ne consegue.
E come se tutto ciò non bastasse ci si mette anche l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari che è stato dell’1,8 per cento nel 2009 ovvero di un punto percentuale superiore alla media nazionale dell’inflazione. Del resto ne sono esauriente testimonianza i listini dei prezzi che hanno subìto i maggiori rincari: pane (+1745 per cento), carote (+1050 per cento), pasta (+490 per cento ), uva da tavola (+422 per cento), radicchio (+390 per cento), limoni (+374 per cento), clementine (+372 per cento), finocchi (+369 per cento), arance (+364 per cento), latte (+350 per cento). Le stime sono della Coldiretti che ancora una volta ha denunciato le intollerabili inefficienze e speculazioni lungo la filiera alimentare.
A questo bisogna aggiungere i rincari autostradali, il continuo aumento della benzina, e in particolare, di quello del gas (dal 1° aprile + 3 per cento). Il tutto, tradotto in cifre, per circa 761 euro l’anno a famiglia. E quanto questo stato di cose possa incidere negativamente sul menage familiare è di tutta evidenza. Non va infine sottaciuto che dello stato di sofferenza delle famiglie ne risentono pesantemente anche gli esercizi commerciali, specialmente quelli di modeste dimensioni che sono i più esposti nei periodi di crisi economica per la inevitabile riduzione del potere d’acquisto. Il 2009, in merito, è stato dirompente. Sono state ben 114 mila le imprese che per la crisi sono state costrette a chiudere. Una moria impressionante: circa 310 al giorno. E anche se sempre nel 2009 hanno aperto i battenti 85.743 nuove aziende il saldo negativo rimane comunque impressionante. Situazione difficilissima Complicatasi ancor più con la crisi della Grecia apportatrice di ulteriori sacrifici alla quale, tuttavia, si può, anzi si deve, rimediare. Il Governo alla fine del 2008 approvò una serie di interventi a favore delle famiglie e delle imprese che avrebbero dovuto almeno alleggerire il peso della crisi favorendo lo sviluppo economico e la competitività del Paese. Tra i più rilevanti ricordiamo la socialcard, il bonus sulle bollette di luce e gas, il tetto sui mutui, l’incremento delle risorse per gli ammortizzatori sociali, la detassazione degli straordinari, la riduzione degli acconti fiscali. Tutte misure queste che a conti fatti si sono dimostrate largamente insufficienti per far fronte ad un attuale momento di difficoltà di così vaste proporzioni qual è l’attuale specialmente per le modestissime risorse economiche messe a disposizione dall’Esecutivo. Risorse che, raschiato il fondo del barile delle disponibilità economiche dei contribuenti, vanno reperite ormai solo attraverso una sempre più serrata lotta all’evasione fiscale nostrana e internazionale, ai paradisi fiscali e ai giochi illegali. Alternative non ce ne sono e quindi bisogna percorrere queste strade fino in fondo con estrema decisione se si vuole realmente aiutare sia le famiglie con una sostanziosa diminuzione della pressione fiscale su retribuzioni e pensioni sia le medie e piccole imprese con incentivi fiscali, riforme amministrative e una più efficace lotta alla contraffazione.
Federico De Lella